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Montalbano Elicona il borgo dei borghi 2015

Montalbano Elicona è un autentico gioiello siciliano eletto borgo dei borghi nel 2015. Ammalia i visitatori con il suo fascino medievale e la vista panoramica mozzafiato. Le strette stradine lastricate, le case di pietra e il maestoso castello normanno offrono un viaggio nel tempo, permettendo ai visitatori di immergersi nella storia e nella cultura della regione.

Montalbano Elicona, incastonato tra le radici storiche dell’area nebroidea, è un gioiello intriso di storia, arte e tradizioni. Circondato da secolari boschi, questo borgo affascinante si distingue come parte del prestigioso circuito dei “borghi più belli d’Italia,” guadagnandosi il titolo di Borgo dei Borghi nel 2015.

Il suo passato, segnato da vicissitudini e rinascite, narra di un periodo tumultuoso sotto Federico II di Svevia nel 1232, seguito da una nuova aurora con Federico III. Quest’ultimo sovrano arricchì Montalbano Elicona con l’imponente castello che troneggia sulla cima della collina.

Esploriamo ora la trama intricata della storia e dell’architettura di questo monumento medievale, testimone dei secoli che si sono susseguiti.

Storia del Castello

La maestosa fortezza di Montalbano sorge maestosa sulla vetta della collina a quasi 900 metri di altezza. Piuttosto che un mero centro fortificato, il castello appare come una regale dimora. Le torri difensive sono scarse, ma alcune tracce nei probabili resti del nucleo originario persistono. Le finestre, ampie e illuminate, si aprono sul piano inferiore, affiancate da feritoie che evocano protezione da eventuali assalti.

La costruzione del castello ha attraversato diverse fasi, con un primo tentativo in contrada Castellazzo, abbandonato per l’inospitalità del luogo. Dopo il supporto a Federico II durante la crociata, Montalbano subì punizioni nel 1232 ma mantenne la sua presenza. La costruzione del grande palazzo reale è comunemente attribuita a Federico III d’Aragona, figlio di Pietro III d’Aragona e Costanza di Sicilia.

Le vicende del castello si intrecciano con le dinastie che lo hanno posseduto nel corso dei secoli. Dalla reggenza di Elisabetta e del giovane re Ludovico nel 1348, passando per Artale Alagona, fino alle vicende della famiglia Romano nel 1408. Nel 1587, con il matrimonio di Antonia Romano e Filippo Bonanno La Rocca, la baronia divenne eredità di questa famiglia. Il titolo di primo duca di Montalbano fu investito a Giacomo Bonanno Colonna nel 1623 e perdurò per 182 anni.

Tuttavia, nel 1967, a causa di debiti accumulati, l’ultimo duca, Giuseppe Bonanno Branciforti, cedette il castello ai padri gesuiti. Il castello ha vissuto diverse fasi, diventando persino sede del Comune dal 1921 al 1967. Recentemente, restauri radicali hanno plasmato l’aspetto attuale del castello, conservando la sua grandiosa presenza nel panorama.

Architettura Esterna

La struttura del castello si distingue per la sua divisione in due parti ben definite. In alto, su un affioramento roccioso, si erge un mastio rettangolare in rovina, affiancato da due torrioni. Più in basso, un vasto complesso di tre ali rettangolari si dispiega, collegandosi in modo armonioso per formare un rettangolo. La sua imponenza, con oltre 50 metri per lato, domina il paesaggio circostante.

La conformazione accidentata della collina ha richiesto la costruzione di un ampio basamento, su cui poggia l’edificio. Il primo ordine, dedicato alla difesa, presenta feritoie imponenti incorniciate in pietra da taglio. Il secondo livello, riservato agli ambienti residenziali, sfoggia ampie finestre che illuminano il cortile interno. Una distinzione chiara tra difesa e dimora, enfatizzata dal parapetto con merli guelfi.

Architettura Interna

L’accesso all’interno del complesso avviene attraverso due ingressi, uno a occidente e l’altro a oriente, oltrepassando un arco a sesto acuto. Nel cuore del cortile, tra l’ala residenziale e le rocce del mastio, sorge una piccola cappella. Qui, la tradizione narra che Arnaldo da Villanova, figura di spicco del suo tempo, riposi. Medico, alchimista e riformatore religioso, Arnaldo da Villanova è un simbolo della storia che permea il castello.

Il modello del castello-palazzo, con ali e cortile centrale, richiama la tradizione dell’architettura sveva. Tuttavia, la presenza del mastio superiore, la cappella nel cortile e la forma irregolare del quadrilatero conferiscono a Montalbano una unicità nell’architettura medievale siciliana.

Montalbano Elicona, con il suo castello avvolto dalla storia e dalla maestosità architettonica, continua a ispirare e incantare i visitatori, offrendo una finestra aperta sul passato affascinante della Sicilia medievale.

Le festività del borgoFeste Aragonesi (Metà agosto): Un viaggio nel passato con 200 personaggi in abiti medievali che rievocano l’entrata trionfale di Re Federico III il Grande, Sovrano di Sicilia, nel “castrum et terram Montis Albani”.

Festa di Maria Santissima della Provvidenza (24 agosto): Una festa unica che mescola elementi cattolici e pagani, con la vara della Madonna della Provvidenza portata in processione tra musica, teatro e folclore.

Rappresentazione del Natale: Un suggestivo presepe vivente con 140 figuranti che prendono vita tra le case e le antiche viuzze del borgo, trasportando i visitatori in un’atmosfera magica di festa.

Cosa vedere

Il Duomo di Montalbano Elicona, conosciuto anche come Chiesa di Santa Maria Assunta e San Nicolò, si erge come un monumento straordinario nel cuore del centro storico di Montalbano Elicona, affascinante località di montagna nel territorio messinese. Questo maestoso edificio religioso è un eloquente simbolo dell’unione tra due culti diffusi nella città: la devozione per la Madonna, ampiamente venerata in tutta l’isola, e il culto di San Nicola di Bari, il Santo Patrono di Montalbano Elicona. Insieme al Castello Svevo, il Duomo costituisce uno dei testimoni più antichi della storia di Montalbano Elicona, coltivando radici secolari e partecipando attivamente a molteplici vicende storiche.

Le sue origini risalgono al IX secolo, quando una piccola chiesa dedicata agli apostoli Pietro e Paolo sorgeva nello stesso luogo. Questa chiesa, caratterizzata da uno stile architettonico che abbracciava elementi bizantini e arabeggianti, vide una trasformazione radicale durante il regno di Federico II di Svevia. La struttura originaria del Duomo subì un significativo rinnovamento per adattarsi alle esigenze dei montalbanesi dell’epoca, assumendo uno stile più moderno.

Secondo documenti storici è stato edificato nel medioevo e ristrutturato nel 1646, segnando un periodo di espansione che coinvolse degli ampliamenti strutturali con l’aggiunta dell’attuale campanile e due navate laterali. Inizialmente con una sola navata, il Duomo si è sviluppato nel corso del tempo, divenendo un punto di riferimento centrale nella vita religiosa e storica di Montalbano Elicona. La sua storia, segnata da cambiamenti architettonici e adattamenti alle esigenze della comunità, contribuisce a renderlo un luogo di profonda importanza culturale e spirituale nella regione. Il suo interno custodisce opere in marmo della scuola del Gagini e un’Ultima Cena della scuola di Guido Reni.

La Chiesa di Santa Caterina, costruita nel 1344 con un’unica navata presenta una facciata con un portale in stile romanico interessante e custodisce al suo interno una pregevole statua marmorea di Santa Caterina, attribuita alla scuola del Gagini.Secondo gli storici sorge su presunte rovine di un antico tempio pagano, rappresentando così un affascinante mosaico di stratificazione architettonica e religiosa che ancora oggi attende conferme.

Il presbiterio, ricavato da un torrione della precedente fortificazione cittadina, testimonia un riuso creativo del passato. Il portale, espressione del gotico catalano, si ispira allo stile dell’abbazia di Cati a Valencia, costituendo uno dei rari esempi di architettura catalana del Trecento in Sicilia.

Dettagli come le mensole e la modanatura, di stampo rinascimentale, aggiungono uno strato più recente, mentre le velette campanarie richiamano la merlatura del castello. La volta a crociera del presbiterio evoca le costruzioni federiciane, arricchendo la complessità architettonica dell’edificio.

La maestria degli artigiani locali dona all’edificio un carattere unico. Al suo interno, trova spazio la statua di Santa Caterina d’Alessandria, un capolavoro marmoreo del 1510 attribuito alla scuola di Antonello Gagini. La scultura, posta su un basamento a bassorilievo, narra la storia del martirio della santa voluto dall’imperatore Massimino. Un altro gioiello della chiesa è il dipinto “Cena Domini,” opera della scuola di Guido Reni, che impreziosisce il parapetto dell’altare, aggiungendo un tocco di maestria artistica al patrimonio culturale di Montalbano Elicona.

Tra Natura e Mistero

Il Bosco Secolare di Malabotta

Riconosciuto come Riserva Naturale Orientata, offre ai suoi visitatori uno spettacolo naturale mozzafiato.

E’ una delle gemme naturali più affascinanti del territorio messinese è la Riserva Naturale Bosco di Malabotta, un paradiso nascosto a breve distanza dalla pittoresca cittadina di Montalbano Elicona. Immersa tra le maestose montagne dei Nebrodi, questa oasi si estende a un’altitudine che varia dai 700 ai 1300 metri sul livello del mare. Offrendo un rifugio di tranquillità e bellezza, la Riserva regala l’opportunità di arricchire la propria vacanza in Sicilia con un’esperienza avvolgente e autentica, permettendo di immergersi completamente nelle meraviglie naturali dell’isola.

I sentieri della Riserva Naturale Bosco di Malabotta, tracciati in un ambiente incontaminato, diventano il luogo ideale per rigenerarsi e godere di momenti di relax in totale sintonia con la natura. Questo tesoro naturale, istituito nel 1997, ha conquistato immediatamente il cuore dei turisti che cercano una fuga dalla routine quotidiana per immergersi nelle bellezze autentiche della Sicilia.

L’Altopiano dell’Argimusco

L’Argimusco è un vasto altipiano tra 1165 e 1230 metri sul livello del mare nel cuore del territorio abacenino, offre uno spettacolo suggestivo nella Val Demona della provincia di Messina. Qui si ergono svariate Rocche costituendo uno dei complessi rupestri più affascinanti del Mezzogiorno italiano. Circondate da un silenzio interrotto solo dai suoni della natura, queste pietre millenarie narrano la storia scolpita dagli agenti atmosferici, creando forme antropomorfe e zoomorfe.

L’uomo, affascinato da questo luogo senza tempo, lo ha abbracciato e utilizzato in molteplici modi, dando particolare rilevanza all’osservazione celeste. Le grandi rocce e il panorama circostante sono diventati il palcoscenico per la pratica dell’astronomia, contribuendo alla comprensione dei movimenti celesti e all’elaborazione di un calendario pratico. Questo antico pianoro, sede di riti sacri, si integra armoniosamente con il cielo, trasformandosi in un paesaggio sacro per eccellenza.

Nel corso dei secoli, l’Argimusco è cresciuto come osservatorio astronomico naturale, con molte pietre lavorate per scopi specifici.

Spesso paragonato erroneamente alla ‘Stonehenge siciliana’, l’Argimusco si distingue per le sue pietre naturali, alcune modellate dall’uomo. Un termine più appropriato potrebbe essere la ‘Marcahuasi siciliana’, riconoscendo la sua unicità e il ruolo significativo nella storia antica e nella connessione tra cielo e terra.

Sull’altipiano dell’Argimusco, nonostante manchino scavi archeologici ufficiali, si ipotizza un’antica antropizzazione fin dall’Età del Bronzo. Questo pianoro potrebbe essere stato un santuario naturale, un luogo sacro per riti legati alle divinità della Terra e del Cielo. Tuttavia, solo uno studio archeologico ed archeoastronomico approfondito potrà confermare o smentire queste supposizioni.

Nel XX secolo, diversi studiosi, tra cui il Prof. Gaetano Maurizio Pantano e il Prof. Giuseppe Todaro, hanno contribuito con studi e teorie sull’altopiano megalitico. Il passaggio delle legioni romane è menzionato in relazione a opere di Cicerone e Appiano Alessandrino. Il Prof. Pantano ha dedicato oltre vent’anni allo studio della zona, documentato nel saggio “Megaliti di Sicilia” del 1994. Il Prof. Todaro, con ricerche dagli anni ’80, ha proposto la valenza cultuale dell’Argimusco in opere come “Alla Ricerca di Abaceno” (1992) e i romanzi “Il mistero di Arnaldo” e “Ritorno a Montalbano.”

Nonostante le proposte e idee avanzate, l’area ha ricevuto scarsa attenzione successiva agli studi di Pantano e Todaro. Tuttavia, nel 2004, l’archeoastronomo Dott. Andrea Orlando ha scoperto casualmente l’Argimusco e ha intrapreso uno studio scientifico approfondito. Dopo anni di ricerche, nel 2014 ha presentato il primo studio scientifico sull’Argimusco a un convegno a Malta. Nel 2017, la casa editrice Springer ha pubblicato la prima opera scientifica sull’altopiano intitolata “Argimusco: Cartography, Archaeology and Astronomy,” inclusa nel volume “The Light, The Stones and The Sacred.”

approfondisci qui: https://www.archeoastronomia.com/argimusco.html

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